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Affrontiamo il problema dei nei

Il dermatologo Maurizio Nudo proviene dall’IDI (Istituto Dermatologico dell’Immacolata) della Fondazione Padre Luigi Monti, una delle strutture di eccellenza a livello internazionale per la ricerca e la diagnosi e cura delle patologie della pelle.

Affrontiamo il problema dei nei. I nei- dice Nudo- sono neoformazioni benigne che nascono per accumulo di cellule deputate alla pigmentazione chiamate melanociti. Vengono classificati in tre categorie. Nei congeniti, ovvero presenti dalla nascita, nei che nascono nei primi anni di vita e crescono insieme a noi, e nei acquisiti solitamente più piccoli, più scuri o con aspetto reticolare. Questi ultimi sono quelli causati dall’azione nevo-genica del sole. Il sole, come tutti sanno, ha numerosi effetti benefici sul nostro organismo come sulla psiche, sull’apparato scheletrico, sul sistema immunitario. Sulla pelle invece l’effetto dei raggi solari non è positivo in quanto, oltre ad invecchiarla, induce la formazione di nuovi nei. In particolare la scottatura da sole è stata correlata da alcuni studi all’insorgenza di melanoma, non come causa, ma come co-fattore in caso di una già presente predisposizione genetica nel soggetto e sul melanoma Nudo aggiunge che il melanoma è una neoformazione maligna che prende origine dalle cellule melanocitarie. È un tipo di tumore abbastanza raro rispetto alla grande diffusione del nei. Ha la caratteristica fondamentale che, se preso in tempo, cosa che accade fortunatamente nel 85% dei casi, si può curare completamente. Per questo motivo diventa fondamentale sottoporsi a visite di controllo periodiche, in quanto la precocità della diagnosi è fondamentale. La terapia è chirurgica ovvero consiste nella rimozione del melanoma.

Nella prima fase di sviluppo il melanoma si potrebbe confondere con gli altri nei, anche se solo nel 30% dei casi il melanoma origina da un neo. È quindi necessario provvedere ad un monitoraggio costante dei nei da effettuare mediante una visita di controllo periodica al fine di scoprire un eventuale melanoma nelle fasi iniziali, o individuare quelle lesioni pigmentate atipiche (nei atipici) che potrebbero in futuro diventare melanomi. I pazienti più a rischio vanno valutati ogni 6-12 mesi con l’ausilio o meno della dermatoscopia o epiluminescenza che ha due punti di forza: serve al dermatologo come aiuto nella diagnosi perché, con un principio simile a quello del microscopio, fornisce un’immagine ingrandita del neo che ne permette la visualizzazione in dettaglio aumentando del 30% la quantità diagnostica.

Come diagnosticare i tumori della pelle? E soprattutto le metodologie utilizzate e quelle più efficaci per eseguire una diagnosi la più possibile puntuale e precoce di questo genere di malattie?

Ne abbiamo parlato con il dottor Maurizio Nudo dell’Istituto Romano di dermatologia e chirurgia laser. La diagnosi dei melanoma – dice Nudo – si basa sul rilievo e sull’analisi di alcuni caratteri morfologici, tra i quali più importanti sono il colore, le dimensioni, la forma e l’aspetto della lesione. La microscopia in epiluminescenza, o dermatoscopia, costituisce un ponte di collegamento tra la valutazione clinica tradizionale e l’esame istologico e rappresenta per lo specialista dermatologo un metodo di esame complementare non invasivo, che consente di migliorare la diagnosi delle lesioni pigmentarie.

L’epiluminescenza permette di osservare caratteristiche morfologiche, non visibili ad occhio nudo, espressioni di peculiari elementi istopatologici e consente quindi di poter effettuare delle possibili correlazioni anatomo-cliniche. Migliora la qualità diagnostica del 30%. Il dottor Nudo aggiunge inoltre che l’applicazione a tale metodica di sistemi digitali, microscopia in epiluminescenza, ha aperto una nuova strada nella ricerca e nella diagnostica in oncologia dermatologica. Infatti, mantenendo le variabili della microscopia di superfice tradizionale, usufruisce dei vantaggi offerti dalla tecnologia computerizzata. È così possibile, attraverso uno stereomicroscopio, ma anche con sonde manuali, acquisire immagini cliniche digitalizzate, e vengono sottoposte ad elaborazione; questo, insieme alla riproducibilità della metodica offre la possibilità di seguire un monitoraggio della lesione nel tempo. È altrettanto vero che l’epiluminescenza non deve sostituirsi alla diagnosi clinica né alla diagnosi istologica, ma se ben impiegata rappresentarne un valido complemento.

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